All'improvviso, manoscritto
Dalla scrittura a mano all'intelligenza artificiale: passato e presente possono creare insieme un nuovo futuro per la condivisione della conoscenza?
Ex Abrupto - All’improvviso, come tutto quello che conta
A cura di Alessia Pizzi
N.24 - 13 Gennaio 2024
Molti anni fa, quando ero una studentessa alla fine del suo percorso triennale in Lettere Moderne, ho dato un esame su Ugo Foscolo. Era luglio, nel dipartimento di Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma non c’era aria condizionata: ricordo ancora come sudavamo in attesa di essere chiamati dal docente. La ragazza prima di me esce piangendo, le chiedo: perché piangi? Risponde: Mi ha bocciata perché non sapevo quando Foscolo arriva in Inghilterra. Guardo la porta, mi faccio coraggio ed entro.
Saluto il docente, mi siedo e mi viene posta la stessa domanda: era prevedibile. Rispondo. Mi chiede se sono sicura. Lo confermo: è nel 1816. L’esame procede e - nonostante sia un esame di letteratura italiana - ad un certo punto il docente chiede, ma non ricordo il perché:
Voi della 509 (n.d.r ordinamento di quegli anni che prevedeva almeno 45 esami spezzettati in 4 crediti per laurearsi) siete un palinsesto di cultura infinita! Mi sa dire l’etimologia di palinsesto?
Guardo il docente e rispondo che il palinsesto è un manoscritto, ma non ne conosco l’etimologia. Il docente prosegue:
Ma come signorina, usa parole di cui non sa l’etimologia?
Io chiudo il discorso affermando di aver usato la parola manoscritto di cui conosco l’etimologia, e che palinsesto lo aveva usato lui per primo. L’esame finisce bene con un bye bye del docente.
Con questa storia su palinsesti e manoscritti - che poco c’entravano in quel frangente con Foscolo - approdo all’Ex Abrupto di questa prima uscita 2024. Buon anno a tutti e a tutte e grazie perché vi iscrivete e leggete le mie riflessioni su questo spazio online. Non sapete quanto per me sia inaspettato visto che la newsletter ha un taglio editoriale molto vario.
Io, un manoscritto
Così si intitola un bel libro comprato a Torino qualche anno fa mentre passeggiavo per le vie della città dopo il Salone del Libro. In questo libricino edito da Carocci, l’Antologia Palatina, il manoscritto che ci ha conservato la più ricca collezione della poesia greca antica, si racconta in prima persona nel suo viaggio da Bisanzio verso l’Europa, rischiando di scomparire per sempre vittima delle guerre tra Seicento e Ottocento. Ed è così che dobbiamo considerare la vita di un manoscritto: una grande avventura arrivata fortuitamente fino a noi, superando secoli di intemperie.
Non ci pensiamo mai. Né da grandi né tantomeno da piccoli quando studiamo Omero, Saffo e tutti gli autori e le autrici che hanno preceduto l’invenzione della stampa: gran parte di quello che conosciamo è arrivato a noi tramite una tradizione orale che si è trasformata in tradizione scritta. C’è stato un lavoro, quello dello scriba, raccontato in tutti i nostri sussidiari, che è stato probabilmente il lavoro più importante di tutta l’umanità.
Ancora oggi, il lavoro del filologo (l’amante del discorso laureato in lettere!) consiste nel decifrare manoscritti di tutte le epoche. Si tratta molto spesso di informazioni che non escono dalle università, ma dovremmo tutti sapere che per pubblicare l’edizione critica di un autore (ad esempio le poesie di Catullo), il cui lascito è affidato ai manoscritti, servono lavori decennali, per vari motivi. Ne elenco alcuni di quelli che mi sono rimasti più impressi dagli anni universitari e i filologi mi perdoneranno se tralascio qualcosa:
Alcuni testi sono stati scritti sopra ad altri testi: torniamo al palinsesto, ovvero un come troviamo scritto sul sito Una Parola al giorno: “Manoscritto antico, specie su pergamena, da cui sia stato raschiato via un testo e sovrascritto uno nuovo”. Quindi immaginate che si può scovare con un laser… Qualora voleste approfondire, vi lascio questo incipit “da favola” e il link esterno da cui proviene.
Questa conversazione riguarda la storia di un importante manoscritto medioevale contenente la più antica copia esistente di diversi trattati di Archimede di Siracusa, nascosti sotto un più recente testo liturgico, e di come un progetto privato, con l’aiuto di avanzatissime tecnologie, `e riuscito a restaurare materialmente il manufatto e a leggerne il contenuto senza danneggiarlo.
Fonte: Come ti leggo un palinsesto, e altre storie del passato.
In quanto esseri umani gli scribi sbagliavano a scrivere, quindi il filologo deve capire quali sono le parole dell’autore e quali un errore (ma anche integrazione) del copiatore.
Esistono copie diverse della stessa opera copiate da mani diverse che spesso interferivano sul testo con varianti dialettali della propria lingua (immaginate di dover copiare a mano, da veneti, un testo siciliano: può capitare di sbagliare)
Esistono manoscritti che precedono i segni diacritici e gli spazi nel testo: pensate all’antica Grecia. Negli esami di papirologia si prende un papiro dove le parole sono scritte tutte attaccate in greco antico: vanno capite, interpretate, integrate laddove ci sono dei buchi perché…
… naturalmente essendo copiati a mano su supporti di papiro, pergamena e poi carta, i manoscritti si sono deteriorati nel tempo: alcune frasi sono totalmente frammentarie e quindi il filologo prova a colmare quel buco inserendo segni tipo […] e/o proposte di integrazione
una curiosità: con l’arrivo della stampa i manoscritti non perdono valore, anzi. Diventano “i manoscritti autografi” degli scrittori moderni e contemporanei, prove del loro lavoro effettivo. Poi, ovviamente, per la diffusione del libro ci sarà la tipografia e tutto un altro mondo che è impossibile - oltre che out of scope - approfondire in questa sede.
Insieme a tutte queste difficoltà, il filologo deve conoscere a fondo l’autore e il suo usus scribendi mentre sputa sangue su supporti antichi che potrebbero sgretolarsi tra le sue mani. Nel mondo esistono molti documenti che ancora devono essere analizzati: quante opere stiamo perdendo?
Il contributo dell’intelligenza artificiale
Il sogno dell’intelligenza artificiale mi fa sperare che a breve si possa automatizzare la scansione e una prima razionalizzazione dei testi antichi per supportare il lavoro fiologico e restituire all’umanità lo scibile ancora conosciuto. Quanti autori e autrici sono pronti a essere ascoltati dai posteri?
Considerate che quando mi stavo per laureare alla magistrale (ed ero poi passata a lettere classiche), fu ritrovato il papiro manoscritto del Carme dei fratelli di Saffo, che grazie al mio correlatore Massimo Giuseppetti, riuscii ad integrare nella tesi prima della discussione di laurea sulle voci femminili dell’antichità. I filologi Dirk Obbink, Simon Burris e Jeffrey Fish lavorarono su qualcosa del genere.
Era il 2014. Questo altro spunto autobiografico solo per farvi capire che anche se sono lingue e autori morti, la loro riscoperta è totalmente in corso.
Qualche studioso sta già provando a portare il futuro nella filologia: come riporta il The Guardian, il Professore Brent Seales, computer scientist presso l’Università del Kentucky ha sfidato gli studiosi a decifrare un rotolo carbonizzato di Ercolano:
Per lanciare la sfida del Vesuvio, Seales e il suo team hanno diffuso migliaia di immagini 3D a raggi X di due rotoli arrotolati e di tre frammenti di papiro. Hanno inoltre reso pubblico un programma di intelligenza artificiale che hanno addestrato a leggere le lettere nei rotoli in base alle sottili modifiche apportate dall'inchiostro antico alla struttura del papiro.
[…]
Due studenti di informatica, Luke Farritor del Nebraska e Youssef Nader di Berlino, che hanno accettato la sfida del Vesuvio, hanno migliorato il processo di ricerca e hanno individuato autonomamente la stessa parola greca antica in uno dei rotoli: "πορφύραc", che significa "porpora". Farritor, che è stato il primo a trovare la parola, vince 40.000 dollari, mentre Nader ne vince 10.000.
Back to basics
Tuttavia, oltre ai miei sogni tecnologici, c’è anche una tendenza più conservatrice, che vuole invece sottolineare l’importanza della scrittura a mano. L’università di Trento ha lanciato Digiti. Rivista manoscritta, a cadenza semestrale, viene scritta a mano da student*, dottorand* e docenti del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento. Si tratta di un progetto didattico “dedicato allo sviluppo delle potenzialità della comunicazione mediante la scrittura a mano”. Il primo numero è consultabile in pdf, online. Primo impatto: è difficilissimo da leggere e probabilmente al lettore digitale - pigro per eccellenza - non verrà la voglia di sforzarsi. Un suggerimento potrebbe essere quello di provare a stamparlo. Siamo naturalmente lontani dalle miniature elaborate degli esperti della scrittura, la rivista è scritta con una grafia totalmente naturale.
Da consulente di digital marketing sicuramente non consiglierei la scrittura a mano a nessun sito web, tanto che sia per temi di leggibilità che di accessibilità vengono (o almeno dovrebbero) essere scelti font che agevolino la lettura. Tuttavia, mi sembra un buon esercizio, quello proposto dall’Università, per non dimenticare le nostre origini e soprattutto per non diventare sempre più pietosi nella scrittura a mano: da quando usiamo i dispositivi digitali almeno la mia grafia è diventata molto faticosa se non la utilizzo per qualche tempo. La scrittura, inoltre, è anche terapeutica. Lo stesso psicoterapeuta Raffaele Morelli ha dichiarato in qualche libro che i suoi libri sono frutto negli ultimi anni di una scrittura a mano che poi viene trascritta. Ma non solo: scrivere a mano - secondo i grafologi - è una questione emotiva e farlo in corsivo richiama addirittura funzioni neurologiche complesse.
Il sondaggio
Rispondere è utile per chi scrive e per i futuri contenuti che leggerete.
Consigli non richiesti
Mentre scrivo questa newsletter sto leggendo Papyrus. L'infinito in un giunco di Irene Vallejo. La scrittura è molto romanzata, non ne vado matta, ma comunque a qualcuno potrebbe piacere. Io, un manoscritto mi sembrava più avvincente. Per approfondire, sempre di Carocci, c’è sempre anche “Breve storia del libro manoscritto” di Marilena Maniaci.
Il cremino al caramello di Venchi è perfetto per re-integrare calorie quando si scrive a mano.
Le tisane al tiglio sono una bomba, specialmente quelle mischiate alla menta. Usatele solo dopo aver scritto a mano, perché sono altamente rilassanti.
Letture online
Su Female Voices, ho scritto uno speciale su Patrizia Cavalli
Su poestessedonne.it, ho scritto uno speciale sulla poetessa meritevole a cui ho conferito la menzione speciale del Premio L’Avvelenata 2023, “Poetesse da Ricordare”: BoEm con “Mantra”.
Ama della parola
lo scricchiolio del guscio
ridi all’ora della stanchezza
coltiva della rosa
la ciocca
Allenati alla gioia
perchè l’inverno ha mani grandi
baffi di brina
e un cappotto che punge
BoEm