All'improvviso, la novantenne in treno
Storia di una signora che ha vissuto una guerra e una pandemia, ma che non si lamenta perché appunto è una signora.
Ex Abrupto - All’improvviso, come tutto quello che conta
A cura di Alessia Pizzi
N.13 - 19 Febbraio 2022
Venerdì sera, caminetto finto accesso in tv (vi prego provatelo con la smart TV e YouTube, c’è un loop del fireplace), solitudine e pace. Pace apparente, perché in realtà mi frullano in testa tutti i pensieri che non posso smaltire durante la settimana. Gli ultimi giorni sono stati frenetici, tra lavoro e sito, ma siamo arrivati anche stavolta alla fine.
Il primo pensiero dovrebbe essere il dolce far nulla, un concetto ben espresso dal film “Mangia, Prega, Ama”, secondo cui noi romani siamo fortissimi in tale pratica. Ma il dovere, si sa, non vale per tutti, nemmeno quando si tratta del dovuto riposo. Per me il dovere vale molto quando non dovrebbe e molto poco quando dovrebbe, come accade forse stasera, una sera in cui invece di riposarmi sono qui a chiedermi come si scriva un libro. Così, dal nulla.
Prequel
Sabato scorso vagavo per la Borri Book della stazione a Termini in attesa del treno per Bologna. Scansionando gli scaffali con gli occhi ho notato il Diario di una scrittrice di Virginia Woolf e ho pensato che quando sei famoso pubblicano anche le ricette che ti prescrive il medico. È tutta discesa. Ma se non sei nessuno - se ad esempio non sei Daria Bignardi che scrive un libro sui suoi libri maledetti raccontando di come ha affittato uno studio per scrivere il libro e poi nel libro stesso spiega quanto è bello il panorama dello studio, perfetto per l’aperitivo più che per l’ispirazione creativa (come non amarla) - ecco dicevo, se non sei nessuno, come fai a scrivere un libro interessante?
Mi sono detta, queste scrittrici avranno una vita interessante da raccontare o forse sanno vedere quello che gli altri non vedono, o forse sanno raccontare quello che gli altri vedono ma non condividono con il resto del mondo. Con questi pensieri mi reco al binario 7 e salgo. Prima però, aspetto 10 minuti che il binario appaia sul tabellone delle partenze, e un po’ in modalità Francesco Piccolo in Momenti di Trascurabile Felicità mi chiedo perché mai sia sempre il binario del mio treno ad arrivare per ultimo, anche se parte tra 5 minuti. Poi mi chiedo se capiti anche agli altri di pensare che sia solo il loro binario ad apparire per ultimo: a quel punto però tutti i binari degli altri treni che incorniciano la mia colonnina col binario vuoto… chi li prende? Fatto sta che stavolta Termini ha superato se stessa (credo sia femmina): aggiornando il tabellone con gli orari ha fatto sparire del tutto quel mio treno per Torino. Roba che una scaramantica se ne sarebbe tornata a casa, ma no, io ho solo cambiato il tabellone da guardare. Che noia!
La novantenne
Salgo sul treno: neppure il tempo di sedermi, che un signore mi lancia una vecchina vicino. E non lo nego, è un’ansia stare vicini di questi tempi, ché davvero non siamo più abituati a stare schiacciati come sardine nella metro. Ve lo ricordate il sudore, le spinte, la compressione? Il Covid19 s’è portato via tutto, ma la vecchina siede vicino a me: siamo in un posto a quattro.
La laurea di una donna negli anni Cinquanta
Abbiamo iniziato a parlare e devo ammettere che è stata una delle conversazioni migliori degli ultimi tempi. La signora novantenne prende il treno per andare a Milano a trovare figli e nipoti per il weekend. È piccolissima, non ci vede bene, eppure vuole fare tutto da sola. Mi racconta di aver insegnato diritto e finanza a scuola e di essere laureata con 110 in Giurisprudenza. Andava lì, alla Sapienza, tanti anni prima di me, e come me guardava la Minerva che capeggia tra Giurisprudenza e Lettere. Io ero a Lettere. Mi viene da chiederle, come farebbe qualsiasi donna interessata alla questione di genere, come è stato laurearsi ai suoi tempi, se era strano per una donna. La vecchina risponde che
per le persone della sua condizione non era strano. Suo padre voleva che lei e sua sorella lavorassero.
Inoltre la signora mi fa notare che c’erano solo cinque femmine nel corso di laurea. Quando le chiedo se questo le ha reso la vita difficile mi risponde inaspettatamente:
avevo le attenzioni di molti uomini solo per me!
Il vagone scoppia a ridere, ma la signora ci tiene poi a specificare che all’epoca con gli amici ci si facevano solo le carezze. Guardo complice la ragazza di fronte a me e ci scambiamo due parole di stupore: forse nessuna donna di oggi avrebbe potuto ipotizzare una risposta del genere e ancora una volta mi convinco del fatto che non si può tradurre il pensiero di un’epoca che non è la nostra. Quante forzature, quante pesantezze nelle teorie postume che applicano una percezione contemporanea su un passato mai vissuto. Non è così differente dal commentare gli usi di una società, come quella antica, senza conoscerne la lingua, senza aver mai tradotto nulla, senza poterne capire i reali ragionamenti.
La carriera della signora pare sia finita perché era troppo severa: i ragazzi le tiravano i gavettoni fuori da scuola. Questa non l’ho capita benissimo, la signora si è pentita di questa scelta, è evidente.
La guerra
Non so bene come abbia iniziato a parlare della guerra, ma l’ha menzionata più volte - come un intercalare in altre frasi - raccontandomi di suo padre magistrato a cui era stato proposto di rifugiarsi nelle catacombe. Al ché le ho chiesto se è peggio la pandemia o la guerra e lei mi ha risposto:
adesso almeno si mangia.
A quel punto mi sono chiesta se anche noi tra molti anni, quando saremo superstiti di questo evento storico, racconteremo agli sconosciuti di quando stare vicini era proibito, tutti i sorrisi erano coperti e per strada si cantava con le bocche nascoste dalle mascherine.
Navigo in mille ipotesi e innumerevoli domande che vorrei continuare a fare, ma è lei ad interrompere la nostra conversazione per non disturbare, dopo un’ora buona di chiacchiere, tutto il vagone:
Ora basta, o penseranno che siamo delle chiacchierone
Allora torno in me, rientro nel mio mondo, e penso che avere una nonnina con cui parlare è una cosa bellissima, un patrimonio universale.
In lettura:
Libri che mi hanno rovinato la vita (Daria Bignardi)
Letto e bellissimo:
Le disgrazie del libro in Italia (Giovanni Papini)
Serie tv:
Consigli per la vita, oltre al caminetto su YouTube:
Ci sono ancora biglietti disponibili per il concerto di Cesare Cremonini. :)
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