All'improvviso, la solitudine
Riflessioni rigorosamente gratuite su Solitudine, Pandemia, Egoismo e Condivisione.
Ex Abrupto - All’improvviso, come tutto quello che conta
A cura di Alessia Pizzi
N.11 - 28 Novembre 2021
Prologo
“Se tu fossi stato con me t’avrei chiesto scusa. Oppure aiuto. Invece non c’eri; incredibile come gli altri manchino sempre nei momenti in cui se ne ha bisogno; passi giorni, mesi, anni interi con qualcuno a cui non hai da dir nulla e nel momento in cui hai da dirgli qualcosa, magari scusami, aiuto, lui non c’è e tu sei solo.”
Affido a Oriana Fallaci l’introduzione di questa newsletter. In realtà cercavo una frase di saggezza antica, più antica. Una di quelle frasi greche o romane ricche di saggezza sullo stare bene con se stessi. Invece, cercando “frasi sulla solitudine” sul motore di ricerca più famoso al mondo, Google mi restituisce lei, la scrittrice controversa, odiata, a volte troppo schietta, ma sempre così precisa nel raccontare alcuni fenomeni umani che evidentemente non mi sento all’altezza di trattare, se mi affido ad una citazione per iniziare un post del mio blog.
Il tema da trattare, ad ogni, modo è quello: che io ne sia in grado o meno, oggi si parla di solitudine. O almeno, io ne vorrei parlare, sperando di non deludere le aspettative di tutti voi che continuate a iscrivervi a questa newsletter senza che io ne capisca davvero il perché. Il mistero è seducente. Scrivo qui raramente, con la promessa fatta all’inizio: prendere tempo per raccontare le cose con calma. Tento di farlo nel fluire della quotidianità, a volte così difficile e frustrante. Quindi eccomi qui, dopo cinque mesi dall’ultima newsletter. Di sottofondo non c’è Laura Pausini a cantare La solitudine (GIAMMAI), ma i Beatles che cantano Get Back: scorre il docufilm su Disney Plus.
Get back to where you once belonged
Torna da dove provieni. Non sempre si può.
Primo Atto
Ho visto i frutti di due anni di Pandemia. Più isolati, più soli. Credete sia una causa ed un effetto? Non credo. Attorno a me vedo persone che hanno la stessa vita sociale di prima, ma sono certa che per alcuni le cose siano cambiate.
Prima di tutto, io mi sono resa conto che quando molte persone ti girano attorno, sicuramente ti senti meno solo/a. La chiusura di eventi e attività pubbliche ha reso questo costante chiacchiericcio più flebile. Se penso che prima venivo contattata quotidianamente da tante persone diverse, anche solo per gli eventi da seguire su CulturaMente, già capisco perché la mia solitudine sia aumentata. E non è sempre un male: un po’ di silenzio fa bene. Ma veramente sarei pronta a tornare indietro verso quel tran tran? Non lo so se sono pronta, forse non voglio proprio esserlo. Un’amica, che di mestiere fa l’ufficio stampa, mi chiede perché la gente non vada più a teatro. Inconsciamente qualcosa è cambiato, a casa con Netflix si sta decisamente più sicuri. Quelle persone, sedute vicine sul treno o al cinema, fanno paura. Eppure io non riesco a togliere la voce “Spettacoli” dal menu del sito, anche se dovrei per una coerenza con le pubblicazioni attuali.
Certo, alla fine dei conti, si tratta anche di priorità. Alcune sono cambiate, è fisiologico. Altre sono cambiate prima. Intendo che la Pandemia ci ha fatto capire le cose più velocemente, perché ce l’avevamo davanti al naso e non potevamo fuggire da nessuna parte.
Una sola cosa credo, molto triste. Che la Pandemia ci abbia ripiegato ancora di più su noi stessi. Pensavo fossimo i nuovi Crepuscolari, ma forse è anche peggio di così. Siamo in nuovi egoisti, o meglio, siamo gli egoisti svelati.
Prima potevamo celare il nostro egoismo dietro le cose della vita, ma ora che le cose della vita sono ridotte, emerge solo l’egoismo puro. Se mi sei utile bene, quando lo dico io, quando ho tempo e quando sento che non sei pericoloso. Hai fatto il vaccino, hai fatto il tampone? E quando ti siedi vicino a qualcuno e ti abbassi la mascherina per mangiare in un nanosecondo ti immagini la vita di quella persona: sarà stata attenta?
Siamo così attenti ai batteri e a noi stessi, che forse abbiamo dimenticato cos’altro meriterebbe attenzione. Abbiamo dimenticato la spontaneità, perché la consideriamo pericolosa.
Pensavamo, o forse io ingenua ho pensato, che una pandemia mondiale ci avrebbe reso più empatici. Invece ci ha reso più stronzi di prima. Ancora più concentrati su noi stessi. Ma non vale per tutti.
Io a volte penso a delle persone, penso a come stanno, spero stiano bene. Molte delle persone a cui penso non credo facciano lo stesso. Sono sempre molto impegnate e il più delle volte si ricordano di me quando serve, quando c’è qualche necessità o impellenza professionale.
Fa parte della vita, per carità, e chi mi conosce sa che non amo i vittimismi. Ma questa è piuttosto una costatazione a cui segue una doverosa riflessione sull’amicizia, il sacro Graal a cui ho dedicato sempre anima e corpo, memore del fatto che i partner passano e gli amici restano. Qui dovrebbe subentrare Cicerone, direi. E ci ho provato a leggere il suo trattato sull’Amicizia prima di concludere questa newsletter, ma non ci sono riuscita. Brutto dirlo, ma troppa retorica nel senso stretto del termine. La verità è che spesso i rapporti sono fatti di recriminazioni, che è una cosa molto brutta. Quando posso, evito e lascio vivere. Basterebbe avere voglia di condividere, tutto il resto dovrebbe venire in secondo piano.
E le persone oggi condividono online. Questo fa sentire meno soli gli altri che osservano. A volte mi sorprende trovare persone che si emozionano per le emozioni altrui, perché ci si ritrovano. Dunque non sono sola in questo. Capita anche a me, ma non capita a tutti. A molte persone capita guardando gli influencer, ad esempio.
Certo è che, quando le giornate scorrono davanti a un PC figlio dello smerd working - come lo chiamo io - sarebbe bello a fine serata sentire una voce amica e un “come stai”. E questo gli influencer non lo fanno, dovrebbero o meglio - potrebbero - farlo “gli amici”.
Invece non c’è mai tempo per una chiamata, non c’è più tempo. Mi ricorda quel film con Justin Timberlake, solo che noi non siamo programmati per avere un tempo così breve, seppur breve. E quindi torniamo al concetto di priorità. Cos’è prioritario per noi? Guadagnare di più, conquistare quella determinata persona, trovare un lavoro fisso, fare successo, comprare una casa, una macchina, uscire con tante persone. Allora sì che saremo davvero felici.
Guardo quella influencer su TikTok, Federica Scagnetti, e mi fa una tenerezza. Rimbalza da una festa all’altra mentre la sua vita ondeggia tra i TikTok e mi chiedo quanto si senta sola, se ha tempo per sentircisi. Ora, un suo fan mi risponderebbe: se a lei sta bene così a te che ti frega? Ma sì, certo, adesso funziona così l’idolatria. Ma qui non siamo sotto un video del suo profilo, quindi mi concedo il diritto alla critica tanto caro al giornalismo.
Quasi la compatisco se non ha tempo per sentirsi sola, perché tutti passiamo quella fase nella vita in cui ci oberiamo di attività pur di non pensare. Ma i conti tornano sempre, e ho smesso di credere che solo io mi senta sola. Tutti si sentono così, più o meno consapevolmente, più o meno palesemente e più o meno tristemente.
La solitudine è brutta solo se ti annoi.
E che si fa quando ci si sente soli? Forse bisognerebbe chiedere a Zero Calcare, recentemente trasformato in Vate per la nuova serie su Netflix, ma anche qui credo che la soggettività c’entri molto.
Io leggo e non leggevo da un po’ perché c’era troppo casino intorno a me: quindi ben venga, Signora Solitudine. Ora sto leggendo “Finché il caffè è caldo” e ve lo consiglio, è un libro per gente che vuole andare lenta. Io voglio andare lenta, voglio assaporare, voglio guardare. Vorrei avere il tempo per accarezzare la vita e la bellezza, tutto quel tempo che non vedo negli altri, sempre troppo presi da altre cose. Vorrei regalare sorrisi e ci provo. Ci provo sul lavoro, ci provo a casa, ci provo in redazione. Quest’anno mi sono inventata anche i “premi produzione” pur di regalare una gioia.
Accarezzo un libro, accarezzo una storia, accarezzo un pensiero. Tutto il tempo che non mi dedicano gli altri è più tempo che mi dedico io o che io dedico a chi voglio, a prescindere che mi torni indietro oppure no. “Io ho quel che ho donato” scriveva Seneca nella mia versione della maturità, e aveva ragione, anche se all’epoca non avevo capito né la traduzione grammaticale né tanto meno quella filosofica. La frase che cercavo all’inizio della newsletter è arrivata per caso. La ripeto spesso, ma male non fa.
Sto leggendo anche tantissime poesie per il mio nuovo progetto sulla poesia femminile. Anche la poesia abbraccia, ve la suggerisco. Sceglietene una a caso, come ho fatto io camminando nella Mondadori e acquistando Antonia Pozzi. Che scoperta.
Ho le braccia dolenti e illanguidite
per un’insulsa brama di avvinghiare
qualche cosa di vivo, che io senta
più piccolo di me. Vorrei rapire
d’un balzo e poi portarmi via, correndo,
un mio fardello, quando si fa sera;
avventarmi nel buio per difenderlo,
come si lancia il mare sugli scogli;
lottar per lui, finché non rimanesse
un brivido di vita; poi, cadere
nella più fonda notte, sulla strada,
sotto un tumido cielo inargentato
di luna e di betulle; ripiegarmi
su quella vita che mi stringo al petto –
e addormentarla – e anch’io dormire, infine…
No: sono sola. Sola mi rannicchio
sopra il mio magro corpo. Non m’accorgo
che, invece di una fronte indolenzita,
io sto baciando come una demente
la pelle tesa delle mie ginocchia.
A chi si sente anche triste consiglio un podcast dove si fanno diventare belle le cose brutte ed è stato coniato il verbo “bellare”. Ho partecipato a questa diretta del tutto impreparata ed è stato divertente: c’è anche il formato podcast in uscita.
Ho scelto il Lama come animale copertina della diretta solo per lo slogan “Lama no drama” che potete trovare su tutta una serie di gadget in giro per il web, oltre che come immagine anche di questa newsletter.
Il perché di questo elenco a bottoni è semplice: la mia analisi della esperienza utente sta diventando ossessiva e mi sono accorta che non tutti comprendono i link inseriti tra le parole. Il digital divide è ancora in atto e sta a noi aiutare gli altri a superarlo.
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La rima baciata giuro che non era voluta! :D